26/02/2001  al 16/03/2001

Rita Mele "Visibilità evanescenti"

A cura di: Loredana Rea

Rita Mele "Visibilità evanescenti" Rita Mele ha lavorato sulla valenza complessa della dimensione temporale, rifiutandone decisamente l’univocità. Il desiderio è quello di trovare un rapporto tra il tempo oggettivo, scientificamente misurabile, e il tempo della coscienza, ambiguamente variabile, per creare poeticamente un varco  tra il passato, il presente e il futuro.
L’intento, perciò, non è certo quello di analizzare l’astratta realtà del tempo e la sua tenace persistenza, quanto piuttosto di materializzare sulla circoscritta superficie dell’opera le suggestioni generate dalla mutevole fluidità di esso.
Nasce, così, questa nuova serie di lavori, estremamente raffinati, in cui l’immagine di emblematiche e solitarie figure sfuma nell’evanescenza di misteriosi vapori e di acquei bagliori. Sono sinuose silhouettes, emerse dalle pieghe scure del tempo e impresse sulle sfoglie metalliche, come su di una lastra fotografica sovraesposta e quindi sempre sul punto di sparire, dopo aver lasciato una labile traccia della momentanea epifania, una impronta leggera in cui i margini evanescenti alludono a una presenza non più evidente.
A sparire completamente, invece, è la pittura, asciugata, consunta, spinta fino all’orlo estremo della non visibilità.
Rita Mele rinuncia, infatti, a ogni solidità e consistenza, a ogni vischiosità,  a ogni sensuale matericità del colore, che pure per molti anni sono stati il centro della sua ricerca. Rimangono ora solo segni incisi sulla sottile lastra metallica, impercettibili stratificazioni pulviscolari e superfici corrose dagli acidi.
Le erosioni calibrate, le caliginose patine e  i segni  calligrafici formano una sorta di pellicola impalpabile ma opalescente, una sostanza nebulosa che vela, svela e rivela l’impalcatura dello spazio.
Alzare il velo non servirebbe: la realtà non solo non si mostrerebbe senza più mistero, ma anzi l’estrema visibilità paleserebbe altre ambiguità. Chi si aspetta concretezza, infatti, sarà sopraffatto da nuova evanescenza, perché è come se una nebbia densa ricoprisse ogni cosa per renderla irriconoscibile nella continua mescolanza tra persistenza del passato, flagranza del presente e presagi del futuro. Come se i vapori brumosi dissolvessero tutte le immagini, azzerando ogni possibilità di esistenza, sia pure momentanea. Ma  poi la luce, soffusa e allo stesso tempo diffusa, lascia affiorare improvvisa la vitalità sommersa, imprigionata nell’insondabile profondità del tempo. 
La materia allora si aggrega per ricomporre una forma, effimero equilibrio tra visibile e invisibile e la pittura sospesa, anzi assente, indaga oltre il limite del visibile stesso per mostrarne l’ambiguità.

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