15/03/2016  al 08/04/2016

VISIONI URBANE

A cura di: Presentazione di Vittoria Biasi

VISIONI URBANE
nella mostra “Differenti gradi di percezione. Visioni urbane” gli artisti si confrontano con lo stretto sentiero emotivo in cui la realtà circostante incontra i sentimenti dell’idealizzazione iniziale. L’invito al dialogo con la visione urbana per gli artisti è un passaggio di sistemazione mentale della propria geografia nei paesaggi del circostante.
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L’evento è il secondo appuntamento di Dialoghi 2016,  ciclo di quattro mostre in cui i 20 artisti dall’Associazione culturale Fuori Centro si sono divisi in gruppi di affinità per  documentare i Differenti gradi di percezione nei percorsi e negli obiettivi della propria ricerca nell’ambito della sperimentazione contemporanea.

La percezione della dimensione urbana è complessa, richiede il coraggio del confronto tra il proprio immaginario e la memoria individuale, tra le forme del reale e quelle della memoria collettiva. Gli artisti Minou Amirsoleimani, Elettra Cipriani, Lucia Di Miceli, Marcello Rossetti, Oriano Zampieri nella mostra “Differenti gradi di percezione. Visioni urbane” si confrontano con lo stretto sentiero emotivo in cui la realtà circostante incontra i sentimenti dell’idealizzazione iniziale. L’invito al dialogo con la visione urbana per gli artisti è un passaggio di sistemazione mentale della propria geografia nei paesaggi del circostante. Marcello Rossetti abbandona il linguaggio del legno, degli scenari scultorei, monocromi, irradianti energie secondo un calcolo matematico prediligendo la griglia di ferro. La struttura modulare è attraversata da profilati in pvc, fosforescente, quasi flussi luminosi di messaggi aggrovigliati, di molteplici umanità. Le lastre specchianti, in plexiglass ricordano l’architettura innovativa del dialogo interno-esterno e l’invito a guardare il trompe-l’oeil del mondo che si riflette sulla sua superfice.
Lucia Di Miceli usa segni e colori secondo il ricordo della luce siciliana e della chiesa vicina alla sua abitazione. Quella visione continua a lavorare  nell’elaborazione della coesistenza di diverse forme creando un’energia estensiva che accoglie i processi storici. La consapevolezza determina la costruzione del percorso come ricerca del proprio incontro di luce, nel senso sacrale del mosaico, come progetto strutturato sul senso emozionale e sulla sua prospettiva. Le linee, gli scintillii delle superfici colorate, dei mosaici dorati concorrono nell’elaborazione della poetica, nell’architettura del pensiero. Con “My city”, titolo della sua opera, Di Miceli fa coincidere la forma e la funzione dell’opera con la visione sentimentale del luogo natio. Per Oriano Zampieri il passato, la memoria storica guida la percezione dei luoghi, che l’artista sente come disposizione verso un divenire. Zampieri lavora la ceramica spazialmente, come corpo da attraversare, percorrere per giungere in una dimensione altra, come piacere della scoperta del tempo che ritorna con altri abiti, celando l’essenza. In tal senso l’artista costruisce la sua visione urbana attorno al frontone, simbolo greco-romano di potere divino e, come il ponte, emblema di unione sociale. Minou Amirsoleimani percepisce la città come luogo d’incontro il cui centro è segnalato da una sorta di totem, che si sottrae a ogni comunicazione in cui individuare un’appartenenza: è il luogo del mondo, della sua anima. La scultura, dal titolo “Punto d’incontro”, è realizzata con la tecnica della cartapesta lavorata con carta bianca. L’impronta di una linea silenziosa invita lo sguardo e il pensiero a seguirla nel percorso a spirale, nel perenne inseguimento di qualcosa d’imprendibile. L’introduzione del vuoto all’interno della massa scultorea, nella cultura occidentale s’inscrive nella ricerca di equilibri. Nel pensiero orientale il rapporto con il sé inizia con la ricerca del proprio frammento d’infinito, come esercizio quotidiano, da cui ricostruire la visione generale e che l’artista Amirsoleimani cerca di cogliere e restituire come espressione del proprio sguardo.
Elettra Cipriani compone la visione della città con dieci blocchi di ceramica, da cui emergono segni di connessione aerea. La visione dall’alto presenta le propaggini di un’umanità trasmessa, che immobilizza l’esistenza, bloccandola, inibendola. Immaginando l’ombra dello skyline urbano proiettato sulla parete, le reti di comunicazione potrebbero sembrare intersezioni di linee, che rammentano le griglie di Mondrian del 1913.
Il rapporto degli artisti con la vita nella città è un’esperienza psichico-spaziale di un insieme umano, di un’architettura, di una storia, di un mistero racchiuso nella sua topografia, intercettato secondo un proprio modello vibrazionale, con differenti immagini di un linguaggio aperta alle codificazioni dei tempi.

 

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