05/05/2009  al 22/05/2009

GABRIELLA DI TRANI: Sanmicheleinisola

GABRIELLA DI TRANI: Sanmicheleinisola

L’installazione Sanmicheleinisola aggiunge allo sperimentalismo artistico di Gabriella Di Trani un ulteriore e maturo tassello con cui definire in modo sempre più totalizzante la sua idea di evento espositivo, da lei concepito da sempre  come un oltre che travalica i fini di una riduttiva esposizione di quadri.

Premesse precoci d’altronde si diedero già con la performance del 1981 Narciso allo specchio e i suoi dodici libri di legno; un’operazione in nuce già installativa e orientata al coinvolgimento dello spazio, che prevedeva  l’artista seduta su di un alto trono di legno, il cui volto, riprodotto in un immagine, si rifletteva  specularmente nel teschio dipinto in uno specchio posto di fronte. Approfondimenti ulteriori, tra gli altri, si ebbero anche con Il viaggio di Serapide, un evento espositivo complesso del 2000, che lungo il percorso a più ambienti della galleria, spaziava dai dipinti all’azione performativa ai costumi e alle attrezzerie di scena, progettati dall’artista artefice, inoltre, delle Macchine del Tempo. Già allora, chi scrive ebbe a dire, a proposito del lungo budello pensato dalla Di Trani come elemento scenico dal quale come a forza entravano e uscivano i danzatori, che era come se, attraverso di esso, venisse  ripercorso  il travaglio della vita e della morte.

Le considerazioni sul trascorrere del tempo da cui derivare la conseguente ciclicità del rapporto vita-morte attraverso una rigenerazione costante, sono argomenti di riflessione attorno ai quali ruota gran parte della ricerca   di questa raffinata e cerebrale artista, il cui lavoro da sempre va coniugando livelli culturali di comunicazione alti con altri intenzionalmente bassi ed allusivamente dissacratori. È così che al linguaggio neo-pop da sempre praticato, esaltativo di immagini di comunicazione di massa brillantemente colorate, anche in questa occasione l’artista affida, quasi irriverente, una personale riflessione catartica sul dualismo vita-morte, reso più fluido, e meno oppositivo nel definire confini troppo certi, dalla persistenza della memoria che li sovrappone e confonde ininterrottamente.

San Michele, cimitero monumentale di Venezia cinto da imponenti mura che lo rendono misterioso, separato dalla città in quanto creato su di un isola che si raggiunge oggi col vaporetto per Murano, e anni addietro in gondola, come mostrano le foto del trasporto delle spoglie di Diaghilev nell’isola dei morti della Laguna, nell’acqua, che ne dichiara simbolicamente il confine che lo disgiunge dal mondo, identifica il principio e la fine della vita.

In Sanmicheleinisola, ultima dimora di grandi artisti internazionali come Stravinskij, Diaghilev, Ezra Pound, Emilio Vedova,Felice Carena, Luigi Nono, l’atmosfera si carica di vibrazioni perenni, percepibili nell’aria nel continuo divenire di segni e forme, frasi musicali e poetiche che “si muovono [e si muoveranno] intorno a noi per sempre”.

Da questa percezione del luogo, vivo perché vivo e attuale è il contributo dato all’arte dai   grandi artisti citati, la Di Trani ha maturato il senso della sua installazione: tre muri di lapidi, ordinate, tutte uguali coi loro nomi scritti con gli stessi caratteri, macchiate a tratti di macchie verdastre di muffa, perimetrano tre lati dello spazio espositivo simulando l’affaccio sul grande giardino quadrato, costruito sull’area del convento camaldolese sul cui impianto fu edificato il cimitero monumentale di San Michele. Un’icona, questa, al cui stato di composta,  malinconia e intima riflessione  fanno eco le musiche originali di Luigi Parravicini,Composizione d’acqua. Alle immagini provocate visivamente da questo montaggio musicale realizzato registrando e rielaborando  suoni e rumori  di temporali, scrosci d’acqua, gocce di pioggia che cadono, mulinelli di torrenti e ruscelli, corrispondono i vari toni della voce, più acuti o più bassi in ragione dell’altezza dei suoni, con cui la Di Trani recita ritualmente ed in modo oracolare suoi versi onomatopeici ispirati al fluire dell’instabile e sfuggente elemento.

Queste musiche ispirate all’acqua di Parravicini, e la voce recitante dell’artista che in triplice tonalità gli si accorda, stabiliscono insieme la sequenza di immagini da proiettare, in scansione incrociata,sui tre muri di lapidi dell’installazione, filtrandole attraverso il  tremolìo vibrante di un effetto acqua, che mano a mano, colorandosi di giallo, magenta, viola e verde annulla  il grigiore marmoreo  e cimiteriale del luogo. Accesa così dai  vivacissimi colori delle proiezioni, Sanmicheleinisola si trasforma in un’esperienza polisensoriale, capace di acquisire a sé anche i “rumori e gli odori che attraversano l’isola”.

La dimora del sonno eterno, pur non perdendo il suo intrinseco significato di riflessione sulla transitorietà della vita, così come non disattende, col suo portato simbolico, considerazioni  sulla infinita persistenza della memoria, trova oggi nuova espressione nell’ esorcizzante vanitas contemporanea, realizzata dalla Di Trani  secondo il suo caratteristico e riconoscibile stile, già dagli esordi interessato a queste riflessioni, come si è appunto riscontrato nel suo citato Narciso allo specchio.  

In luogo della policromia sontuosa e teatrale dei marmi delle macchine sceniche dei monumenti funebri barocchi, l’artista utilizza le immagini proiettate con effetto discoteca dei suoi fulmini saettanti in cieli disseminati di coloratissime e macroscopiche nubi. L’acqua,  uno dei temi portanti di questo progetto, lo è anche della sequenza proiettata. Alternati i fulmini con il fluire d’immagini allusive alla vita che si forma sospesa nel liquido amniotico, e alla sua perdita,  cui sottendono i volti di persone care indefiniti nei tratti per lo scorrere dell’acqua – si tratta di un dipinto del 1995 di recente ripubblicato dall’artista nel Codice Di Trani -, le conclusive immagini della serie - fiori eccessivi rigorosamente sgargianti, e annaffiatoi altrettanto colorati che simulano  fiotti d’acqua scroscianti su odorosi omaggi floreali portati a coloro che non sono più – scongiurano la  paura della morte dissacrandola ai nostri occhi con  un segno estremo, assolutamente beffardo.

 La composta malinconia del grigiore marmoreo del luogo esorcizza la sua destinazione di ultima dimora in un ironico e caleidoscopico esercizio neo-pop, tangente certe esperienze, tese a scuotere gli animi dei presenti, caratteristiche del  teatro  e dei films surrealisti.

 La catarsi di San Michele, contraltare veneziano ed altrettanto crepuscolare della böckliniana Isola dei morti avviene attraverso l’esplosione gioiosa, estranea al senso della misura, del prato verde smaccatamente finto, che punteggiato di sovradimensionati e coloratissimi fiori altrettanto gilardianamente finti, perimetra come un tappeto i tre lati dell’installazione di Sanmicheleinisola. Rigoglioso nel denunciare la sua natura spudoratamente artificiale, il prato e i fiori richiamano alla mente la funzione energetica e vitalistica dell’acqua , a cui alludono annaffiatoi elogiativi di un kitsh coloratissimo e infiorettato, paradossali nella loro   assoluta e meravigliosa incongruenza al luogo, disposti molto ironicamente sul fondo dell’installazione, sorretti da una minimale   stuttura in ferro.

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