20/02/2007  al 09/03/2007

ALBA SAVOI: Pieghe parole segni

ALBA SAVOI: Pieghe parole segni

Ho avuto tre vite: una per Robert, una per mio figlio e i miei nipoti, e una più breve per me stessa. Non rimpiango di non essermi dedicata di più a me stessa. Non ho avuto il tempo.

Sonia Delaunay 

Una sensibilità tutta femminile percorre per intero lo sviluppo del linguaggio artistico elaborato in oltre un trentennio da Alba Savoi e si materializza nella capacità di proporre un'analisi dell'inarrestabile fluire della realtà che parte da sé e che a sé è riconducibile. Ma non bisogna cadere nell'errore di credere che sia mai stata interessata alla rappresentazione del reale, anzi tutt'altro come dimostrano le esperienze maturate sul finire degli anni '70, quando abbandona la pittura tout court per interessarsi a superfici monocrome animate dal ritmico susseguirsi di pieghe, formatesi come per caso dall'azione imprevista di una forza divenuta tangibile nello spazio limitato del quadro. L'attenzione alla realtà, sublimata nella profondità del proprio sentire, si manifesta con la necessità di mescolare i risultati di una ricerca complessa, stimolata dalle esperienze che andava compiendo, e continua con indefesso entusiasmo a compiere, nei differenti territori dell'arte, con le soluzioni del fare quotidiano, nel senso che non solo molte opere hanno trovato la propria genesi e, soprattutto, la loro definitiva soluzione nelle attività quotidiane che l'artista ha intrecciato alla sua prassi creativa, quanto piuttosto che il loro significato profondo è nella sottile e lirica tensione, che scaturisce da quella attitudine interiore di mettere in stretta relazione l'irrinunciabile preponderanza della vita affettiva ed intima: il suo essere figlia, moglie, madre e infine nonna, con l'esclusiva assolutezza dell'impegno nell'arte.

Il suo intero percorso, regolato fin dall'inizio da un rigore assoluto e da una ferrea disciplina, travalicando gli esiti formali, ascrivibili inequivocabilmente alle sperimentazioni del proprio tempo, risulta essere strettamente coerente con queste premesse, pur sfiorando negli anni ambiti di ricerca differenti per scelte ed esiti, per creare opere che recano sempre la traccia inconfutabile di una lunga progettazione e di un pensiero complesso, dietro cui non è difficile immaginare quella tenacia esclusivamente femminile che rende semplice ciò che semplice non è.

La recente ricerca di Alba Savoi si propone come ripensamento critico e creativo degli elementi formali, che sono stati la struttura portante del suo linguaggio, partito dalla pittura e approdato all'utilizzo della fotocopia come privilegiato medium espressivo: la piega, la parola, il segno.

Il processo di xerocopia le ha offerto l'opportunità per sperimentare nuove soluzioni: il superamento della pittura, l'incontro con il libro d'artista, la scoperta della scultura, in cui i tre elementi compaiono soli o combinati tra loro in una reiterante sequenza modulare, a lasciare emergere quella radicale tensione verso la perfezione, che l'arte non può certo raggiungere, ma semmai avvicinare come ideale.

La piega, la parola, il segno sono elaborati adesso in maniera concettualmente diversa, tanto che le sue energie non sembrano più rivolte verso la ricerca di un assolutismo purista, di una ideale perfezione, sapientemente sottolineata da un calibratissimo bianco e nero e da rarissimi accenni di colore. Ora a sollecitare il suo interesse è la possibilità di confrontarsi con la realtà di un tempo in continua accelerazione, ma che nelle pieghe scure, tra le parole lasciate fuggire ritrova i segni profondi della propria esistenza.

Per questa esposizione Alba Savoi ha creato una serie di lavori di grande impatto visivo e profonda suggestione, che si affidano alla scomposizione-ricomposizione di parole, di segni e di pieghe per creare una sequenza ritmica e dimensionale che scandisce modularmente lo spazio. Non rinuncia naturalmente al controllo dei rapporti, che traducono l'ordine armonico progettualmente intrinseco ad ogni intervento, ma tutto sembra più libero, più spontaneo, più facile malgrado niente sia stato lasciato al caso e l'artista abbia calcolato l'effetto dei colori, delle misure, delle sequenze, delle disposizioni con l'analiticità che la contraddistingue. Sembra quasi che abbia voglia di giocare, come dimostra l'uso tautologico della parola piega (scritta dall'artista stessa con la sua leggibile grafia), che diventa piega e, contemporaneamente, segno ad accompagnare ritmicamente lo sguardo nelle risonanze interiori indissolubilmente intrecciate alla sua esperienza artistica.

 

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