19/02/2013  al 08/03/2013

Margherita Levo Rosenberg. La misura del mondo

A cura di: Loredana Rea

Margherita Levo Rosenberg.  La misura del mondo

CERCANDO LA MISURA DEL MONDO
di Loredana Rea

Fin dai primi anni ‘90 Margherita Levo Rosenberg ha indirizzato la sua ricerca all’indagine delle possibilità espressive di materiali extra-pittorici, per concretare la coscienza di una fisicità forte e al tempo stesso ambigua, capace di mescolare con originalità assunti teorici molto distanti gli uni dagli altri. L’intento è suggerire altre possibilità di fruizione, a partire dall’esigenza di trovare una relazione tra le molteplici sembianze con cui la realtà appare, attingendo a una sintassi visiva di cui ha metabolizzato i codici, tanto da poter alterare quanto già dato per assunto e muoversi con duttile rigore tra problematiche metodologiche e progettuali di natura diversa.
Emerge con inaspettata potenza la necessità di un differente modo di rapportarsi allo spazio, di creare nuove opportunità di interpretazione e di rafforzare lo sviluppo di un linguaggio, in cui la sensibilità nell’uso di materiali eterogenei si coniuga con l’attenzione a un’armonia formale, per creare un equilibrio tra l’urgenza di confrontarsi con la complessità del presente e la possibilità di superare attraverso l’arte ogni superficiale convenzionalità.
Proprio in questo è il fascino del suo lavoro, che raramente si rivela al primo impatto, ma sempre dopo aver messo in atto un processo di ricercata contaminazione tra asserzioni concettuali e prassi operative. L’artista parte, infatti, dalla necessità di porre l’accento sulla densità del pensiero che determina la forma, per innescare un cortocircuito visivo, capace di rendere inequivocabilmente manifesto un comportamento estetico e contemporaneamente etico e dare forza al deciso dissenso verso un modus vivendi diventato sempre più soffocante, nel tentativo di attuare una spersonalizzante omologazione di abitudini, aspirazioni e anche desideri.
Su queste posizioni il suo percorso di ricerca inevitabilmente si è sviluppato come il tentativo di comprendere le motivazioni profonde dello scollamento tra individuo e società, per superare i limiti imposti dal bisogno di apparire più che essere, mescolando senza soluzione di continuità sottile ironia e ludico disincanto.
Per la mostra a Studio Arte Fuori Centro Levo Rosenberg ha costruito un percorso evocativo, seguendo il desiderio di trovare la misura tra il tempo delle cose e il tempo degli uomini, per accordare la profondità di una dimensione interiore con l’esperienza della realtà del presente. È un’istallazione complessa, anche se progettata intorno alla combinazione di forme geometriche elementari, realizzate su pellicole radiografiche, in linea con la sperimentazione sui materiali di recupero avviata già da alcuni anni, e tenute insieme da piccoli spilli, che sottolineano l’intrinseca precarietà della scansione strutturale. In stretta sintonia con l’architettura dello spazio espositivo il lavoro si sviluppa mettendo in relazione superficie e profondità, opacità e trasparenza, luce e ombra, a giocare con raffinatezza sul continuo slittamento tra provvisorietà e solidità e bilanciare asserzioni tanto diverse da sembrare contraddittorie, come se a interessare l’artista fosse l’inconciliabile congiunzione degli opposti.
Nella progettazione di questa nuova opera Levo Rosenberg è partita dal triangolo, con cui fin dall’antichità si calcolano le estensioni della superficie terrestre, nel desiderio di trovare una misura tra l’oggettivo farsi delle cose e la variabile stratificazione che di esso resta nella coscienza di ognuno, attraverso cui preservare la memoria di sé e delle proprie origini. La terra per lei che proviene da una cultura contadina è, infatti, il fondamento di ogni certezza e il metro dell’esistenza, tanto che il triangolo, strumento di misurazione del terreno, diventa il paradigma di un sentire individuale, possibilità per rapportarsi alla variabile intensità delle impressioni, delle sensazioni, delle emozioni che in maniera imprevedibile e differente segnano la tangibilità del reale.
Tra le mani dell’artista l’iniziale combinazione di triangoli isosceli, studiata per richiamare le coordinate planimetriche della triangolazione topografica, cresce, si impossessa dello spazio e assume via via forme più complesse, fino a costruire configurazioni molto articolate, che pur mantenendo la leggerezza innescano una serie di rimandi tra equilibrio e instabilità, tra continuità e incostanza, tra forma chiusa e spazio aperto, tradendo un ineludibile senso di fragilità, che rimanda inequivocabilmente alla precarietà della condizione umana.
La misura del mondo è pensata come pendant ideale di La fatica della luce, realizzata per la sua precedente personale. In quella la scomposizione della divina commedia in migliaia di frammenti era occasione per rendere manifesto l’inevitabile contatto con le forze distruttive della vita, in questa invece tutto diventa espressione della difficile ricerca di una consonanza tra dentro e fuori, tra interiorità ed esteriorità, come a sanare la fatica di vivere secondo principi che la società attuale non riconosce come propri. A colpire è la capacità di partire dalla vita di ogni giorno, per creare una partitura in cui ordinario e straordinario si rapportano dialetticamente, lasciando emergere la poesia che li pervade, quella stessa che sostanzia la quotidianità dell’esistenza, permettendo a ognuno di sopportare i limiti della propria finitudine.

 

 

 

 

Categorie

document.addEventListener('DOMContentLoaded', function(event) { cookieChoices.showCookieConsentBar('Navigando sul nostro sito accetti la privacy policy. Il sito utilizza i cookie di terze parti per profilare gli utenti', 'Chiudi ed accetta', 'La politica della Privacy', '/privacy.html'); });