16/09/2003  al 03/10/2003

Biagio Iadarola "incernierate - i"

A cura di: Carlo Fabrizio Carli

Biagio Iadarola  "incernierate - i" Biagio ladarola indaga le testimonianze dell'antica civiltà contadina (che nel suo Sannio campano si è prolungata fino a un quarantennio addietro, in pratica fino alla grande emigrazione nel nord indu­striale della Penisola e all'avvento della televisione) per cercarvi forme e motivi non usurati dagli esiti banalizzanti di consumismo e omologazione. Ma questa sua indagine travalica l'ambito del folklore e della cultura materiale; ambisce a sondare più recondite regioni, là dove quelle forme e quei motivi lasciano intravedere il primo dispiegarsi di un'ancestrale ritualità, di una primordiale attitudine mitica e poetica, introducendoci nei misteriosi, sconfinati recessi in cui una sorta di istintuale memoria collettiva continua a distillare le sue acquisi­zioni. Intento a dare fisica consistenza a suggestioni e lacerti figurali, l'artista si trasforma in una specie di genio tutelare e evocatore di tale stessa memoria, in inatteso sciamano. Va da sé che l'approccio operativo impiegato da Biagio ladarola può, al primo impatto, configurar­si di tipo antropologico. Ma non più che l'approccio. L'artista non è certo di quelli che hanno scelto di muoversi sul terreno dell'etnologia e meno che mai su quello sociologico. Quanto sta realmente a cuore all'artista non sono ricerche erudite o la dimostrazione di un teorema intellettuale, ma lo scar­to che consente il liberarsi dell'attitudine creativa. Si considerino quelle singolari impressioni che Iadarola ottiene, mediante una sorta di rudimentale pro­cedimento calcografico, pressando il foglio di carta su arcaici (ormai) strumenti della operatività con­tadina, falcetti, lame di seghe, quei coperchi forati, utilizzati in campagna per arrostire le castagne. Aggrediti, come sono, dalla ruggine, egli li schiaccia e li inchiostra come altrettante matrici di un'in­cisione: ecco che i falcetti diventano uccelli, le lame alludono a lunghe piume, le graticole per cal­darroste a misteriosi e rusticani mandala. Si pensi alle piccole sculture in terracotta dalla forma organicistica (a volte evocano alla memoria le vertebre di qualche singolare specie animale, oppure frammenti di bucrano), che ladarola appende a dei ganci o innalza come trofei apotropaici su aste metalliche, quasi a testimonianza di un rituale magico. O si pensi ancora alle bottiglie, in realtà altrettante piccole sculture, altrettante variazioni sul tema archetipico del recipiente, del vaso, riscattato dalla destinazione funzionale per approdare alla dimensione della pura forma. Bottiglie a decine, ciascuna differente dalle altre, ciascuna dotata di una propria personalità; gravide come piccolo orci, o esili come antichi unguentari; eleganti o rudimentali; tornite con sapienza o foggiate da una manualità spontanea. Bottiglie che egli stesso modella in creta e cuoce in un antico forno a legna e in atmosfera fortemente riducente, ovvero occludendo - raggiunta che sia all'interno un'elevata temperatura, circa 900 gradi - i condotti di immissione e di fuoriuscita dell'aria, fino al completo consumo dell'ossigeno. Così da ottenere dei misteriosi e anche un po' inquietanti effetti cromatici, via via, neri sfiammati o estenuate albescenze, che si possono pure riscontrare in antichi manufatti figulini di fattura popolaresca, realizzati in rusticane fornaci che appunto impiegano tale procedimento di cottura della terra. A sottolineare l'unitarietà dell'attitudine operativa che egli pratica, Biagio ladarola ha scelto di presentare in mostra impressioni, sculture e bottiglie nell'ambito di una sola installazione. . Vera e propria boîte-à-miracles, la galleria propone a parete una fitta sequenza di fogli e alcune sculture. Sul suolo, le bottiglie sembrano emergere da un contesto materico, che ha marcato sapore alchemico e primordiale, molteplicemente allusivo e smemorante, uno strato di graniglia di basalto in cui rilucono smeraldini altri grani, stavolta di solfato di rame; la sostanza che, altrimenti, disciolta, serve a trattare e proteggere le viti.

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