25/10/2011  al 11/11/2011

Armando Fanelli. Password

A cura di: Loredana Rea

Armando Fanelli. Password "Armando Fanelli attraverso Password compie un lavoro intorno all’uomo, all’omologazione, al bisogno di libertà e di connessione. Il video e gli scatti fotografici ci mostrano una serie di sacchi a pelo da cui le persone escono mettendosi in posizione verticale.

Dal 25 ottobre all’11 novembre 2011
 
http://www.youtube.com/watch?v=OV-xUaOGfhQ
 
 
di Dario Ciferri
 
“Ed ecco proprio così, come questa mattina nel cantiere di nuovo ho visto, come per la prima volta nella vita – ho visto tutto: le vie immutabilmente dritte, il vetro delle carreggiate spruzzante raggi, i divini parallelepipedi delle abitazioni trasparenti, l’armonia quadrata dei ranghi grigioblu.
[…] La cara O doveva venire da me un’ora più tardi. Io mi sentivo commosso piacevolmente ed utilmente. Arrivato a casa, andai alla cancelleria, mostrai al guardiano il mio biglietto rosa e ricevetti l’autorizzazione di abbassare le tendine. Questa autorizzazione l’abbiamo soltanto per i giorni sessuali. Di solito nei nostri muri trasparenti, che sembrano tessuti di aria scintillante noi viviamo sempre in vista di tutti, sempre lavati dalla luce. Non abbiamo da nasconderci nulla l’un l’altro. Ciò facilita il pesante ed elevato compito dei Guardiani. Altrimenti, chissà cosa potrebbe succedere! È possibile che proprio le strane, opache abitazioni degli antichi abbiano generato presso di loro la loro miserabile psicologia cellulare. «La mia casa (sic!) è la mia fortezza» - avrebbero dovuto rifletterci!”.
(Evgenij Zamjàtin, Noi, Milano, Feltrinelli editore, 1990)
 
Parlare dell’uomo del nostro tempo mi sembra una cosa molto complicata, spiegare i suoi comportamenti, la relazionalità, le paure, le speranze, dare insomma un quadro della situazione della nostra epoca sospesa tra reale e virtuale. Zamjàtin negli anni venti del XX secolo aveva dato forma a un mondo in cui la società non era più composta di tanti io, ma era diventata un noi armonico, luminoso e totalizzante. Un mondo dove le persone non avevano più un nome, ma un codice alfanumerico, e tutti erano costantemente sotto gli occhi di tutti, in case dalle pareti trasparenti, dove l’unico momento di privacy (abbassare le tendine) era quando lo Stato Unico aveva programmato che si potesse fare sesso. Una realtà in cui l’individuo è disumanizzato, collettivizzato, costantemente osservato e, in apparenza, è felice che sia così.
 
L’uomo nostro contemporaneo risulta sospeso tra il bisogno di appartenere a una collettività e la necessità di affermare il suo essere individuo, unico e libero, di potersi esprimere, di giocare anche sulla propria personalità, di mascherarsi, di poter mostrare solo talune facce del proprio Io.
Armando Fanelli, con Password, ci porta a riflettere su questi argomenti, facendo sì che possiamo porci altre domande e altri dubbi. Gli uomini sono isolati tra loro e con un bisogno di poter comunicare con i propri simili. Nello stesso tempo, però vivono nel terrore di mostrarsi a fondo agli altri, di essere fragili, di poter essere feriti.
 
La realtà virtuale ci ha certamente aiutato a superare tutto questo, basta entrare in internet, digitare uno user e una password e possiamo entrare in connessione, parlare, discutere, amare, litigare, potenzialmente, con milioni di persone, mostrandoci, fragili o forti, eroici o arroganti. Potendo mostrare quello che siamo, quello che avremmo voluto essere o anche quello che non riusciremmo ad essere mai. In Password ci sono alcune persone che dall’interno di un sacco a pelo si mettono in posizione eretta ed entrano in comunicazione tra di loro. Il sacco a pelo ha una funzione protettiva, che però riesce a creare possibilità di contatto con il mondo circostante, è come il codice che si immette per interconnettersi nel web. Gli uomini in piedi sono in rete tra loro, eppure ognuno si trova a guardare in una direzione diversa, non esiste una comunicazione tra loro nel mondo reale e soltanto in quello virtuale possono parlare con gli altri. Fanelli ci mostra una delle grandi questioni del nostro tempo: la convivenza costante tra comunicazione e incomunicabilità. Siamo in una dimensione, dove le distanze si annullano, possiamo collegarci oltre gli oceani in tempo reale, ma spesso non riusciamo a salutare chi abita nel nostro stesso pianerottolo o incontriamo per strada.
La rete però offre anche la possibilità di sentirsi realizzati. L’insicurezza personale, relazionale e sociale è probabilmente una delle peculiarità peggiori della nostra epoca, ogni giorno la sperimentiamo e dobbiamo conviverci, ma il mondo virtuale ci permette di superarla, di apparire diversi, di essere persone di successo, di avere una valvola di sfogo alle nostre insoddisfazioni. Realizziamo in qualche modo un’identità riveduta e corretta, in cui sembriamo migliori ma che, nello stesso tempo, ci estranea da noi stessi, ci isola dal mondo reale che ci circonda, ci impedisce di vedere e vivere le bellezze che abbiamo intorno: gli alberi, gli odori, i corpi delle persone.
In rete si possono fare incontri belli, piacevoli, sinceri, ma devono anch’essi ancorarsi alla realtà, altrimenti il rischio è che risultino vuoti, falsi e sterili, esattamente come la sabbia su cui sono poggiati i sacchi a pelo.
Armando Fanelli non si limita, però, a raccontarci delle inquietudini che circondano l’uomo contemporaneo. Password, infatti, prosegue anche la sua riflessione sul rapporto dell’uomo con la Natura, il sacco a pelo è, tra l’altro, un oggetto che permette all’uomo di immergersi nell'elemento naturale, da cui la tecnologia spesso ci allontana. È un'immersione protetta, quasi soffice, da cui speriamo possa emergere un nuovo equilibrio. In questo modo si realizza un contatto tra l’uomo, con le sue strutture e i suoi ambienti, e il tempo della natura, scandito nella sua ciclicità dall’andirivieni delle onde del mare.

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