24/05/2017  al 09/07/2017

Antonio Carbone "I segni del tempo"

A cura di: Laura Turco Liveri.

Antonio Carbone "I segni del tempo"
Nel gioco negativo/positivo dei segni, articolato in semplici forme geometriche piane e nel piccolo come nell’insieme, Carbone trova, sceglie e risignifica, ottenendo un ipertesto e una “trans-scrittura” che superano concetti, scritture e tracciati disegnativi tradizionalmente intesi….....
 

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De rerum humanis.
I tracciati a secco di Antonio Carbone
Laura Turco Liveri
 
Preminente campo d’indagine della ricerca di Antonio Carbone è la comunicazione umana, per questo rievoca antiche modalità di scrittura riproponendole in assemblaggi attuali e originali.
In questi ultimi anni, ha sminuzzato testi, estrapolato frasi, smembrato parole, riducendole a monemi significanti quando l’ulteriore riduzione ne avrebbe fatto perdere ogni significato verbale e fonetico. Ha recuperato o imitato scritture differenti, dalle latine alle orientali, dall’arabo all’ebraico, ‘inventando’ (= trovando, da invenio, latino ‘trovo’) i segni lasciati dall’umanità. Nella frammentazione dei codici, ne ha alterato e interrotto la continuità linguistica, travalicando ogni significato particolare, per creare ritmo visivo e per cercare in quei frammenti caratteristiche delle comunità che le avevano ideate.
Si è appropriato dei caratteri usati in passato dai tipografi per comporre manualmente i testi dei volumi, e li ha resi strumenti estetici tridimensionali anche quando l’opera è realizzata su supporto piano, imprimendoli ‘in bianco’ con il martello nella carta ed evidenziandoli, in negativo, con lo sfregamento di carta carbone nera o blu sul foglio; allo stesso modo ha raccolto oggetti che potessero imprimere la loro forma sul foglio e li ha battuti, sfruttando nuovamente il pigmento copiativo; ha infine raccolto altri frammenti iconografici, come stradari o vecchie carte geografiche, usandoli in collage come supporto, anche simbolico, delle proprie composizioni. Le sue stratificazioni sono accuratamente pensate e realizzate per restituire un'opera finita e compiuta in tutte le sue parti, materiali e ideologiche. Nel gioco negativo/positivo dei segni, articolato in semplici forme geometriche piane e nel piccolo come nell’insieme, Carbone trova, sceglie e risignifica, ottenendo un ipertesto e una “trans-scrittura” - come egli stesso spiega - che superano concetti, scritture e tracciati disegnativi tradizionalmente intesi, per lasciare a “pure tracce” e “sottili ombre” la lirica interpretazione delle sue opere.
Si esalta soprattutto la portata comunicativa dei segni delle scritture che travalica appunto il significato particolare delle frasi, mostrando i caratteri storici e culturali   delle popolazioni che le hanno  inventate . Un po' come agiva Cagli cercando attentamente segni e immagini archetipiche, all'origine dell'umanità, il punto zero oltre il quale l'umanità non è più tale ma ancora anello di congiunzione. 
 
Nelle opere recenti, l’artista si è progressivamente orientato verso la semplicità e la purezza formale dell’incisione a secco tout-court, dove perfino i segni liberi, espressivi della mano dell’artista, sono costantemente mediati dall’inchiostro secco della carta carbone e le rare, piccole ‘inondazioni’ di acquerello scuro appaiono sempre occultate e integrate perfettamente con questa procedura.
Nella serie oggi in mostra predomina l’inchiostro blu, rispetto al nero precedente e, pur aumentando la varietà delle matrici, si constata una più puntuale attenzione per l’equilibrio formale.
La liricità poetica e musicale di queste ultime opere è uno dei traguardi raggiunti dalla serie di carte incise. Gli intervalli lineari, rappresentati dagli andamenti segnici e dall’affioramento di figure geometriche composte dal pulviscolo dei segni in libertà, spartiscono il foglio in zone precise e al contempo, grazie a un tonalismo monocromatico variamente accentuato, consentono di attraversare tridimensionalmente, in profondità e longitudinalmente, lo spazio immaginario creato dal bianco del foglio, sempre evidenziato da larghi margini, o addirittura talvolta rimarcato isolando il campo compositivo con un fondino giallo chiaro. Perciò la saturazione e lo spessore delle linee sono vari e variamente frastagliati dagli sfregamenti col pigmento blu e dalle impercettibili interruzioni di colore dovute alle incisioni acromatiche. La distanza tra le linee è accuratamente calcolata, come calcolata è l’intersezione con trasparenti quadrati o rettangoli, formati da parati di piccoli fori o di lettere tipografiche, ‘timbrate’ con la stessa tecnica. Ugualmente, il lavorìo libero dell’artista interviene a graffiare, come in una puntasecca, le aree a maggiore densità, controbilanciando tonalmente e ritmicamente il fall-out delle lettere. Se fosse possibile tradurre sinesteticamente in musica quest’orchestra compositiva, percussioni ed archi predominerebbero sia nella tecnica esecutiva sia nel risultato estetico…
Tuttavia, per comprendere meglio le ultime opere di Carbone, occorre considerare ancora più attentamente le serie precedenti di lavori con e sui i libri, corposo background degli ultimi risultati estetici.
Lavorando intensamente, infatti, su libri antichi tramite bruciature, tagli e strappi del testo, poi ricomposto in nuove pagine sui consueti supporti visivi - tavole telate generalmente bianche - Carbone ribadisce con forza, metodica e ostinata, la volontà di comunicare ciò che coglie al di là dei testi stampati, alla portata di tutti i lettori, servendosi invece di un altro linguaggio verbale e visivo, personalmente assemblato.
Gli andamenti compositivi delle serie precedenti sono gli stessi che si ritrovano nelle opere incise a secco, costituendo anche la cifra espressiva dell’artista: alternanza di forme quadrate, rettangoli sfalsati verticalmente o in obliquo, fasce lineari ondulate, imprimiture a secco e in rilievo, griglie che lasciano intravvedere altri piani espressivi, incroci lineari plurimi e multidirezionali. La scelta, infine, dei materiali e delle modalità esecutive supporta l’idea che il taglio di un testo già stampato o composto ex-novo su carta o metallo, nonché la sua ricomposizione in forme estetiche, raddoppi la portata informativa racchiusa nei ritagli e nel nuovo insieme geometrico, ritmico e cromatico.
Inoltre, la sovrapposizione dei materiali o dei piani determinati dai gruppi di segni, pur non essendo erta di spessore, consente anche una lettura dell’opera nel tempo, in momenti successivi e via via più significanti e onnicomprensivi. Tale processo è particolarmente visibile nelle sculture, quasi manifesti dell’interesse analitico e riqualificante dell’artista.
Sculture in installazione con le carte, così, impressioni e forme che si consolidano nell’oggetto libero dalla parete, diventano moderne Torri di Babele, dove la stessa tecnica impressoria si stigmatizza nel metallo, in rotoli di scritture avvolti a spirale ascendente o in fasce arcuate come vele al vento. Sono scritture mute, che affascinano l’osservatore e idealmente attingono da immaginari, frammentari reperti, o da quei lacerti di scritture del passato, fortunosamente distillati dagli avvenimenti e sorprendentemente pervenutici ancora presenti, vivi e portatori della memoria del popolo che li ha creati.
Con il loro apparire discreto e composto, queste sculture ci appaiono anche come testimoni archetipici di quel senso umano, profondo e fondante, di cui l’artista è costantemente alla ricerca, irriducibile cercatore e sensibile interprete che ricostruisce, col beneficio del dubbio e in una nuova antropologia artistica, la filosofia di un popolo antico che possa sostenere anche noi, umani del presente.
 

 

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